sabato 15 giugno 2013

A PROPOSITO DELL'INTEGRAZIONE A NOVI

Capita che parti convinto di dover incontrare un Imam e parlare di una moschea, e poi ti ritrovi con una signora a parlare di un centro culturale. Capita che parti per cercare di capire perché la comunità islamica vuole fare una moschea, e scopri che non gli passa neanche per la mente di farla, la moschea.
Devi ritarare l'intervista, perché quello che hai letto sui giornali è sbagliato. Forse li hai letti troppo superficialmente, e non hai capito di cosa si parla. O forse ad essere superficiale è stato il giornalista.
Sono le 5 di un pomeriggio qualsiasi, a Novi Ligure. In via Girardengo incontro Rachida Hasbane, Hassan Hannimi e Hassan Farahat. Davanti a un caffè al Bar Teatro inizia una lunga e inaspettata chiacchierata.
Ma quale Moschea, ma quale Imam...” ci dice subito Rachida. “A Novi esiste da oltre 20 anni un luogo dove le persone di fede musulmana si incontrano. Prima in via Verdi, ora in via Cavour. Non è una moschea, ma un centro culturale. Ci incontriamo, organizziamo corsi di italiano per stranieri e corsi di arabo per italiani. Preghiamo anche, perchè no? Ma un luogo dove si prega non è una moschea.”
“Così come una persona che guida la preghiera non è un Imam” mi spiega Hannimi “L'Imam è una persona che si occupa di una moschea, e lo fa a tempo pieno. Qui a Novi ci sono solo persone, come me e Farahat, che hanno studiato un po' di più il Corano e guidano i momenti di preghiera. Ma non siamo Imam, e non li vogliamo essere.”
Ma allora, che cosa volete fare?“Quello che abbiamo sempre fatto, ma in un posto migliore. Un luogo che ci permetta di coinvolgere tante persone, tanti novesi, nelle nostre attività. Il nostro centro di cultura islamico è stato il primo della provincia, e uno dei primi della Regione Piemonte. A Novi ci sono oltre 500 persone stabilmente residenti di religione musulmana, provenienti dall'africa, dal Mahgreb, ma anche dai paesi dell'est europa e da tutto il mondo. Vogliamo costruire un luogo aperto a tutti, italiani e stranieri, che faccia cultura e aggregazione. Un luogo dove le mamme, italiane e straniere, possono portare i loro bambini. Insomma, uno spazio a disposizione della Città.”
Le polemiche in Città però dicono altro: il comune vi costruisce la moschea a carico dei cittadini.
“Non è vero: la religione musulmana, innanzitutto, non è prevista nel concordato e quindi in Italia non è riconosciuta. Quindi il Comune, anche volendo, non potrebbe riservarci trattamenti di favore. In realtà, abbiamo chiesto al comune di venderci un terreno in cui vorremmo costruire il centro culturale.”
Con che soldi? “Con i nostri, quali altri? Non sarà facile, anche perché il momento è gravissimo dal punto di vista economico, e molti di noi hanno perso il lavoro. Non sarà facile trovare le risorse per acquistare il terreno, e chi sa quando riusciremo ad avere i fondi per costruire. Facciamo un passo per volta, e solo Dio sa se riusciremo ad arrivare in fondo.”
Rachida è un vulcano, ma Hassan Hannimi la interrompe
“A Genova il centro è stato costruito economico con il contributo di tanti genovesi – che si dice non siano particolarmente prodighi – grazie sopratutto all'intervento di tanti parroci, che dal pulpito delle loro chiese hanno spiegato ai fedeli cosa stavano facendo e hanno chiesto di dare una mano. Forse, anche a Novi potrà succedere una simile mobilitazione popolare.”
“Non è solo la religione la motivazione che ci spinge verso la direzione del centro culturale. Ad esempio, anche lo sport è una parte importante. Alcuni anni fa
– spiega Farahat – abbiamo messo su una squadra di calcio, la AC Marocco, che diede ottimi risultati non solo sportivi. Io ero l'allenatore, Hannimi il massaggiatore...”
Ma il rapporto con il Comune c'è... “Con l'assessore Broda c'è un rapporto davvero fattivo. E' una persona che cerca di risolvere i problemi, non di aggirarli. L'anno scorso, per il Ramadan, abbiamo avuto alcuni problemi: le persone che volevano uno spazio dove pregare erano tante, e la nostra sede in via Cavour troppo piccola. E' stato il comune ad aiutarci, affittandoci uno spazio in cui potevano starci tutte le persone che a Novi si riconoscono nella fede musulmana. E non sono solo arabi: ci sono anche tanti Novesi, che magari hanno sposato una ragazza marocchina e oggi hanno abbracciato la nostra fede...”
Le polemiche però ci sono: Novi è una città razzista? “Assolutamente no. Non giudicate da chi grida più forte. Ad esempio, abbiamo una collaborazione con tanti parroci della Città. Basta entrare in un oratorio, e vedere quanti ragazzi che si chiamano Mohammed o Hassan ci sono, a giocare a calcio con il prete!
Vogliamo ringraziare in particolare Don Giuseppe: a casa sua – nel senso della sua parrocchia – abbiamo organizzato un corso di arabo per bambini. Non solo figli di arabi, ma anche di italiani.”
D'accordo, se non è integrazione questa... Ma la comunità musulmana di Novi è una comunità stabile o in evoluzione? “Abbastanza stabile: siamo tutte persone che abitano a Novi da tempo, i nostri figli sono nati qui e parlano italiano, non arabo. Molti – circa la metà - hanno preso la cittadinanza italiana. Anche noi, addirittura anche quando parliamo di religione, se vogliamo farci capire bene dai nostri figli spesso ricorriamo all'italiano. Ma ci piace pensare – e provare - di poter passare la nostra cultura ai nostri figli...”
Avrei voluto indagare sul ruolo della donna nella comunità musulmana. Ma il fatto che sia una donna marocchina l'interlocutrice principale di questo progetto, la dice più lunga di ogni parola sul ruole che le donne arabe hanno all'interno della comunità. E' Rachida, che fa la mediatrice culturale, che guida la discussione e che mette anima e corpo nel centro culturale islamico. “Forse una volta, ai tempi dei nostri nonni, erano gli uomini a prevalere” conclude sorridendo Hannimi “ma oggi, a casa nostra, sono le mogli a comandare...”
Anche a casa degli italiani, non temete...



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