venerdì 27 dicembre 2013

UNA NOTTE DI NATALE...

Ora vi racconto una cosa che mi è successa ieri sera.
Stavo tornando a casa, verso le 21, sulla strada tra Vignole e Serravalle. Ad un certo punto un pioppo, bello grosso, ha deciso che era ora di farla finita ed è caduto sulla strada, pochi metri davanti a me.
Sono riuscito ad evitarlo, ma una ragazza che procedeva in senso contrario c'è finita contro. Ho accostato la mia auto e le ho dato una mano a disincastrarsi. Una volta liberata, ha fatto manovra e se ne è andata. Ho chiamato i soccorsi, e mi hanno detto che sarebbero arrivati subito. Mi hanno anche chiesto di segnalare in qualche modo il problema agli altri automobilisti, nel tempo che loro arrivavano. La strada è buia in quel punto ed era difficile, vista anche la pioggia, vedere il pioppo.
Sono rimasto in mezzo alla strada, sotto l'acqua, con un abbigliamento non consono all'occasione (un po' meno ed ero in pigiama) riuscendo a fare in modo che una decina di macchine evitassero l'albero.
Ad un certo punto un ragazzo è arrivato deciso che era il momento giusto per andare forte, se ne è fregato dei miei gesti, e si è infilato sopra il pioppo. Dall'altra parte, una ragazza, è riuscita a evitare l'albero ma non è riuscita ad evitare un tizio in motorino (che cavolo gli diceva il cervello, di uscire in motorino in una serata come quella di ieri sera, non lo so) che è finito per terra in mezzo ai rami. Insomma, un caos. Il ragazzo dell'auto è sceso e ha cominciato a imprecare contro il comune, perché una cosa che noi italiani sappiamo fare bene è prendercela con qualcuno, cercare un colpevole.
Alla fine per fortuna sono arrivati i vigili del fuoco e hanno liberato la strada. Me ne sono tornato a casa fradicio. Quello che mi ha colpito, in questa serataccia, è che nessuna delle persone che sono riuscito ad avvisare dell'ostacolo abbia pensato di fermarsi a darmi una mano. Hanno frenato, hanno fatto manovra e se ne sono ripartite.
 
Ora invece vi racconto una cosa che mi è successa tanti anni fa, 25 per essere precisi, proprio sulla stessa strada e sempre la notte di Natale. Sembra una strana coincidenza, e in effetti la è.
Eravamo un gruppo di amici ventenni o giù di lì. In Piazza al Lastrico, proprio alla fine della strada Provinciale su cui la notte di Natale appena passato ho avuto a che fare con l'albero caduto, finivamo la serata davanti al Bar Ivo, dove eravamo in “compagnia”, come si faceva allora prima che i telefoni cellulari rendessero superflui i luoghi di ritrovo fissi.
Era molto tardi e ci stavamo salutando prima di andare a casa. C'era una nebbia terribile, di quello che davvero potevi tagliare con il coltello. Uno di noi, Massimo, era in ferma di leva negli alpini, e il giorno dopo sarebbe dovuto rientrare in caserma. Era venuto in Vespa e abitava ad Arquata. Giunta l'ora di andare a casa, visto che la sua vespa era male in arnese, la nebbia e il freddo, gli consigliammo di lasciarla lì e venire a casa con noi, che eravamo in auto. Lui si oppose: la Vespa doveva riportarla a casa, lui il giorno dopo partiva e non poteva mica lasciarla lì fino a chissà quando.
Partii e tornai a casa. Il mattino dopo seppi che Massimo con la sua Vespa aveva percorso meno di un chilometro, prima di fare un frontale con un'auto. In caserma non ci sarebbe tornato mai più.
Ecco, ho sempre pensato che quella sera non avevo insistito abbastanza per convincerlo a venire in auto con me. Ho sempre pensato che quella sera non avevo fatto abbastanza.

venerdì 11 ottobre 2013

OLTRE LA BOSSI-FINI

Vorrei, per chi ha la pazienza di leggere, chiarire alcune cose sul reato di immigrazione clandestina.
La scorsa settimana, qui su facebook, ho detto chiaramente che occorre superare la legge Bossi-Fini.
Alcuni amici hanno provato a spiegarmi che in tutta Europa esiste questo reato, e che se lo eliminassimo l'Italia diventerebbe un territorio libero, permeabile a qualunque arrivo senza possibilità di controllo. Provo a spiegarmi meglio.
Solo in Italia esiste il reato PENALE di immigrazione clandestina. Nel resto dell'Europa – Francia, Inghilterra, Germania solo per citare i paesi più grandi – esiste il reato di immigrazione clandestina, ma non esiste l'obbligatorietà dell'azione penale.
Che differenza fa? Provo a fare un esempio. Facciamo il caso che i carabineri, nel corso di un controllo, fermino uno straniero sul territorio italiano. Gli chiedono di esibire, tra gli altri documenti, il permesso di soggiorno. Il fermato non li ha, e viene portato in caserma. Lì lo straniero dichiara di chiamarsi, che so, Ayeye Brazorf (come nel film di Aldo Giavanni e Giacomo) e di non avere fissa dimora.
I Carabinieri debbono per forza della legge contestargli il reato di immigrazione clandestina e avviano l'iter giudiziario per fargli il processo. Intanto il sedicente Ayeye Brazorf viene rilasciato in attesa di processo. Dopo mesi o anni viene avviato il processo. A tutte le caserme italiane arriva l'ordine di cercare Ayeye Brazorf, e di accompagnarlo al processo. Ovvio che il tizio non si trova, ha dato generalià false e adesso chissà dove e col cavolo che si fa trovare. Cmq il processo va avanti, e gli viene fornito un avvocato d'ufficio, pagato dai cittadini italiani. Al processo si verifica l'assenza dell'imputato, e si aggiorna. E via così per anni, ad intasare i già incasinatissimi tribunali italiani.
La differenza tra reato civile e penale sta proprio in questi costi altissimi che devo affrontare lo stato, senza riuscire a incidere sul problema sostanziale.
Inoltre, se il Signor Ayeye Brazorf, in attesa di processo, decidesse di tornare al suo paese, alla forntiera sarebbe respinto in Italia perchè in attesa di processo.
Contemporaneamente, grazie alla legge Bossi-Fini, se un pescatore raccoglie un immigrato che sta annegando e lo porta a riva, incappa nel reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Per contro, se lo lascia annegare, incappa nel reato di omissione di soccorso. Il pescatore, per star tranquillo, dovrebbe caricare l'immigrato e portarlo all'ospedale ad Addis Abeba.
Insomma, la Legge Bossi Fini è peggio della Legge Turco Napolitano che ha sostituito (e che prevedeva l'espulsione dell'immigrato), che a sua volta funzionò peggio delle precedente Legge Martelli?
Che fare oggi quindi? Secondo me, abolire immediatamente l'insulso reato penale, e tornare al reato civile, è la prima cosa da fare. Si passa da un processo a una multa: cambia poco per Ayeye Brazorf – che così come non va al processo, manco paga la multa – ma perlomeno non intasiamo i tribunali. Inoltre, bisogna facilitare i percorsi di integrazione reale. Deve essere più facile regolarizzarsi per chi trova lavoro (oggi in Italia un immigrato clandestino non può lavorare in regola in nessun modo, neppure se è un cardichirurgo e ha 10 azinede che lo vogliono assumere) e potenziare invece la repressione verso chi delinque. Ad esempio facendo accordi con i paesi d'origine per il rimpatrio immediato – e l'accompagnamento nelle locali galere – per chi spaccia o altro.

sabato 5 ottobre 2013

L'IGNOBILE GUERRA DEL LUTTO NAZIONALE

Leggo  su Facebook che alcuni amici non condividono il lutto nazionale che è stato dichiarato per i morti di Lampedusa. Perchè non è stato fatto per i morti della concordia, o per i tanti italiani che ogni giorno muoiono nel silenzio per incidenti sul lavoro? Va bene, va bene.
Un classico esempio di benaltrismo e dietrologia, misto ad una massiccia dose di popululismo, che fa sempre presa.
A me personalmente non fa grande effetto che sia stato dichiarato il lutto nazionale, e se non fosse stato fatto non sarei certo stato qui a lamentarmi. E' una ritualità che non mi appartiene.
In Italia, ha detto qualcuno, se ci nasci non hai il diritto di cittadinanza ma se ci muori dichiarano il lutto nazionale.
Provo però un po' di fastidio per chi mette sul piatto le nazionalità dei morti. Solo un po', non è che mi indigno, se il Sindaco di Gemonio che è un leghista duro e puro per protesta appallottola e getta via il tricolore dal suo comune, me ne faccio una ragione. 
Il naufragio di Lampedusa a me ricorda invece il disastro di Marcinelle. Per chi non se lo ricorda, c'è wikipedia. Nel 1956 oltre 250 minatori italiani morirono in una miniera in Belgio. Le motivazioni che spinsero allora quegli italiani sono molto simili alle motivazioni che oggi spingono queste popolazioni africane ad affrontare viaggi terribili e costi per loro enormi per cercare un futuro migliore in Europa.
Quanto tempo è passato da quel lontano disastro. Oggi siamo nell'era della globalizzazione, e le merci possono muoversi liberamente per tutto il pianeta. Le persone però no, loro devono viaggiare clandestinamente nel sottofondo di un camion o su una barca che sta affondando.
A 11 anni di distanza dalla legge Bossi-Fini che ha introdotto il reato di immigrazione clandestina, possiamo provare a tracciare un bilancio? L'immigrazione clandestina non è diminuita, è solo diventata più pericolosa. Gli immigrati clandestini nel nostro paese non sono diminuiti, solo che oggi oltre a tutti i rischi che già c'erano, rischiano pure di finire in carcere. Con tutte le conseguenti spese che affrontiamo per organizzare processi in tribunali già intasatissimi, e carceri sovraffollate.
Gli immigrati che arrivano nel nostro paese raramente lo considerano una meta definitiva, ma solo una meta di passaggio in quella enorme portaerei nel mediterraneo che è la nostra penisola. Se dall'africa vuoi andare in Germania, in Belgio, ecc, difficile non passare per l'Italia.
Il problema che stiamo – male – affrontando non è un problema Italiano ma è un problema europeo. L'Italia non può essere lasciata solo ad affrontare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, dicono tutti. Ma nei fatti, è così.
I fatti ci dimostrano ampiamente che il modello di contrasto dell'immigrazione che abbiamo intrapreso non funziona neanche un po'.
Le motivazioni che stanno alla base di questi fenomeni migratori, così come quelli del passato, sono così semplici che le capiscono anche i bambini. Si scappa da un paese dove le condizioni sono meno buone verso un paese dove sono migliori. Hanno fatto così gli italiani verso prima il Sud e Nord America e poi verso Germania e Belgio, e lo fanno ora gli africani verso l'Europa.
Il flusso migratorio dall'Italia alla Germania si è ridotto drasticamente (ma ancora oggi è presente) quando le condizioni di vita dei due paesi si sono via via avvicinate. L'unica strada da percorre, per me, è quella dello sviluppo dei paesi africani. Fino a quando vivremo alle spalle dello loro enormi risorse agricole e minerarie, fino a quando fomenteremo guerre per vendere armi, fino a quando vorremo esportare lì le nostre merci (prendete ad esempio la campagna che fece la Nestlè contro l'allattamento al seno per vendere latte in polvere) non possiamo pensare di fermare le contraddizioni che stanno alla base di questi problemi.
Quello che dovremmo esportare in Africa è il nostro modello di democrazia, il nostro modello di stato sociale, il nostro modello di sviluppo economico e sociale. E quando dico “nostro” non intendo il farraginoso sistema Italiano, ma quello Europeo. Non sarà facile: i movimenti musulmani che stanno prendendo sempre più il controllo dei paesi del nord - africa non sono certo disposti a stendere tappeti rossi al nostro sistema di democrazia, al primato della politica sulle religione, alla parità di genere. Ma questo, io credo, è il lavoro enorme che ci aspetta.

domenica 29 settembre 2013

CORTIGIANI E CREDULONI

Non mi stupisce il fatto che Berlusconi metta ancora una volta i suoi interessi davanti a quelli del paese. Ha sempre fatto così e non smette certo adesso che la partita per lui si fa sempre più rischiosa. Non c'è nulla di strano nel trovare chi persegue spietatamente i propri interessi personali: il mondo è pieno di gente così.
Quello che mi stupisce è che il signorotto di Arcore trovi chi con il suo appoggio, con la sua obbedienza, gli permette ancora una volta di tenere sotto scacco l'intero paese. Oggi non saremmo in questa situazione, se le decine di deputati e senatori eletti nelle file del PDL avessero un minimo di coscienza e di rispetto per il loro paese, se avessero il coraggio di lasciare che Berlusconi vada al suo destino.
La colpa non è di Berlusconi, personaggio amorale e egocentrico, ma dell'infinito stuolo di cortigiani prezzolati che ha.
La colpa non è di Berlusconi, ma di quegli italiani che credono davvero che il governo cade sull'IVA.
Solo una commistione incredibile tra cortigiani ambigui e elettori creduloni ha permesso ad un personaggio come B. di tenere ancora una volta sotto ricatto il paese intero per i suoi interessi personali.
Quando tra 50 anni gli studenti affronteranno questo pezzo di storia del nostro paese come ci giudicheranno? Come giudicheranno gli abitanti di questa Italia che non è capace, con una grande risata liberatoria, di chiudere oggi questo triste capitolo?

giovedì 26 settembre 2013

ORGONITE E ALTRE FROTTOLE

Il Mondo è pervaso di energia blu. Questa energia può essere positiva o negativa: la prima ci fa bene, la seconda male.  Questa energia viene chiamata orgone ed è tutto intorno a noi. Fu scoperta dallo psichiatra e psicoanalista Wilhelm Reich (1897-1957), l’unico che vedeva questa energia blu e  che dedico tutta la sua vita alla ricerca su questa energia misteriosa, e dopo lunghe ricerche concluse di essere figlio di extraterrestri. Nella sua vita Reich condusse lunghi esperimenti sull’orgone e inventò una materiale, l’orgonite, che aveva la capacità di attirare l’orgone. Questo materiale era – ed è – costituito da strati di materiale organico e inorganico. Ad esempio, se mettete una fetta di salame tra due sassi, avete fatto l’orgonite.
Gli esperimenti di Reich venivano solo a  lui: del resto, lui era figlio delle stelle.  La teoria dell’Orgone non ha nessuna base scientifica. Ciononostante, in rete potete comprarvi una bella piramide di orgonite arancione e liberarvi di tutte le energie negative causate da radiazioni elettromagnetiche, scie chimiche, vicini invidiosi e quant’altro per poche decine di euro. La piramide benefica attrarrà le energie negative nel raggio di 700-800 metri da lei e le trasformerà in benefiche radiazioni positive che vi faranno stare bene, miglioreranno la vostra energia sessuale e renderanno i vostri vicini ancora più invidiosi. 
Tra l’altro, questo oggetto riunisce il potere della farlocca teoria dell’orgone, con il potere della piramide (altra farlocchissma teoria secondo la quale le piramidi concentrano al loro interno l’energia e sono in grado di affilare i coltelli che vi mettete all’interno) con la teoria della cromoterapia secondo cui ci possiamo curare qualunque malattia semplicemente guardando cose del colore giusto.
Un giro sui social network ci fa capire subito di che pasta siamo fatti: disposti a credere qualunque roba, anche la più incredibile. Anzi, più è incredibile e meglio è. Così, milioni di persone sono convinte che una qualche potentissima organizzazione segreta usi aerei per diffondere le pericolosissime scie chimiche (e il governo non fa nulla!) 
Il governo italiano negli ultimi 10 anni ha dovuto rispondere a ben 14 interrogazioni parlamentari (l’ultima del formidabile Scilipoti) sul tema delle scie chimiche. 
Chi crede alle scie chimiche, solitamente crede anche che l’autismo sia diffuso dai vaccini. Anche qui, una potentissima società segreta si divertirebbe a rendere autistiche le persone. 
Non dimentichiamoci poi dell’omeopatia, una scienza farmacologica di cui è stato dimostrato senza ombra di dubbio che non serve a nulla. Ma tant’è, il settore vende tantissimo e milioni di persone si curano con soluzioni di acqua e zucchero.


Che dire poi del potere dei cristalli, della radioestesia con il pendolino, dei tarocchi, dell’aroma terapia, delle sedute spiritiche e dei vari Padrepio che fanno miracoli ad ogni passo?
Curiosamente, più la scienza progredisce, più precipitiamo nei secoli bui. Grande colpa la ha (come sempre) la scuola, incapace di diffondere una vera cultura – e curiosità – scientifica, predisponendo  le future generazioni a credere a qualunque frottola. 
Come se non bastassero quelli disposti a credere all’orgone, e a comprarsi l’orgonite, ci sono poi i maniaci del complotto. Sulla luna non siamo mai andati, Elvis è vivo (e sta con Jim Morriso, janis Joplin, Jimi Hendrix e Michael Jackson), le torri gemelle le hanno buttate giù gli americani per far posto, ecc ecc. 
L’ultimo fantastico complotto riguarda la Costa Concordia. Misteriose coincidenze fanno capire che la nave sia stata fatta rovesciare di proposito  per oscuri motivi di finanza internazionale. Ma di questo parleremo nel prossimo post. 

PS: a tutti quelli che leggendo questo post si arrabbieranno: lo ammetto, mi pagano per fare disinformazione. In realtà, sono un pilota di aerei che diffondono scie chimiche, sull'aereo al posto del radar ho il pendolino, il mio copilota è Elvis, e vengo pagato lautamente da una misteriosa società segreta potentissima. 

martedì 23 luglio 2013

RECENSIONE INFERNO DAN BROWN

Il vero mistero del libro dell'ultimo libro di Dan Brown: che fine ha fatto Topolino? 
Attenzione: se non avete letto il libro, e non volete sapere come va a finire, non leggete questo pezzo.
Ho appena terminato la lettura dell'ultimo successo editoriale di Dan Brown, Inferno. La costruzione del racconto mi ha lasciato molto perplesso. Navigando in rete ho trovato parecchie recensioni ma nessuna che abbia colto alcune incongruenze che secondo me ci sono nello svolgimento della trama, e quindi ho deciso di parlarne nel mio blog.
Per spiegarmi, devo per forza di cosa raccontarvi brevemente cosa succede nella storia e come va a finire: per questo l'avvertimento all'inizio dell'articolo.
Il “cattivo” del racconto (ma alla fine scopriremo che non era poi così cattivo) è Bertrand Zobrist, un brillante scienziato che ritiene che l'umanità sia condannata ad estinguersi a causa del sovraffollamento e che quindi decide di eliminare gran parte del genere umano attraverso un virus da lui inventato.
Lo scienziato rivela la sua intenzione all'Organizzazione mondiale della sanità, che ovviamente non è d'accordo e lo fa aggiungere nella lista dei terroristi.
Zobrist decide allora di lavorare indisturbato al suo progetto e incarica una potenze organizzazione privata, il Consortium, di proteggere la sua privacy rendendolo irrintracciabile a chiunque lo cerchi.
Una volta preparato il virus, Zobrist decide di liberarlo nel mondo in un punto segreto, e gira un video in cui annuncia che risolverà il problema della sovrappopolazione in maniera drastica e terribile.
Dopo aver nascosto il virus in modo che si rilasci da solo nel giorno da lui deciso, lo scienziato affida il video al Consortium in modo che lo diffonda lo stesso giorno in cui si avrà il rilascio del virus. Poi, rintracciato dall'OMS, si butta giù da un campanile di Firenze.
A questo punto la direttrice dell'OMS ha solo un indizio molto difficile da interpretare e decide di chiamare il solito esperto di simboli Langdon per decifrarlo.
L'indizio è un piccolo cilindro che proietta sul muro la mappa dell'inferno disegnata da Botticelli, ma modificata da Zobrist in modo che sia un rebus da decifrare.
Langdon decifra la mappa e scopre che il successivo indizio è a Firenze nascosto nella maschera funebre di Dante Alighieri.
A questo punto Langdon viene catturato dal Consortium che gli provoca una amnesia e gli fa credere che sia stato colpito di striscio alla testa da un colpo di pistola. Tutto questo per convincerlo a cambiare campo e anziché lavorare per l'OMS si metta a lavorare per loro.
La trama si complica sempre più, ma alla fine comunque Langdon, seguendo uno schema narrativo che ha fatto il successo del Codice da Vinci, decifra tutti gli enigmi e arriva a trovare il virus a Istambul, con l'aiuto dell'OMS e del consortium che nel frattempo, dopo essersi combattuti per tutto il libro, decidono di far fronte comune per combattere l'epidemia.
Comunque arrivano tardi e il virus è stato rilasciato una settimana prima di quanto Zobrist aveva annunciato, per evitare che qualcuno potesse bloccarlo.
Si scopre però che il virus rilasciato, che ha già contagiato tutta la popolazione mondiale, in realtà non uccide nessuno ma rende sterile un terzo della popolazione mondiale, riducendo così le nascite e il conseguente sovraffollamento.
Veniamo alle incongruenze nella trama che dicevo all'inizio.
1 – Perche Zobrist rivela all'OMS il suo progetto finendo così nel mirino dell'organizzazione e dovendo quindi ricorrere al Consortium per non essere trovato? Se uno non vuol far sapere i suoi progetti, non li dice in giro. Una mossa, più che da scienziato pazzo, da scienziato scemo.
2 – Perchè Zobrist lascia una enigmatica traccia di indizi che conduce al luogo segretissimo in cui ha nascosto il virus? Perchè incide dietro la maschera di Dante una rima che Langdon decifra finendo prima a Venezia e poi a Instambul? Se uno vuol tenere un segreto, mica lascia indizi per quanto indecifrabili!
3 – temendo che qualcuno possa decifrare gli indizi che lui stesso ha lasciato, Zobrist diffonde il virus prima della data che ha detto. Questo punto è paradossale, semplicemente. Bastava che lo scienziato stesse zitto, e lavorava in pace al suo piano senza problemi.
L'unico motivo della scia di indizi lasciati dallo scienziato pazzo (o scemo) è che senza di questi, Dan Brown non avrebbe potuto scrivere il libro.
Durante la lettura il libro avvince. Ci si immerge in continui colpi di scema con un ritmo da film di azione ma una volta posato il libro, se si riflette sulla trama, ci si accorge che non sta in piedi.
Alcune recensioni puntato il dito sulle incongruenze storiche del libro. La maschera mortuaria di Dante, ad esempio, non esiste nella realtà. O meglio, esiste ma non è una maschera mortuaria (cioè ricavata direttamente dal calco del volto del defunto immediatamente dopo il decesso) ma un manufatto molto più recente.
Queste imprecisioni storiche ci possono anche stare, il fondo si tratta di un romanzo e non di un saggio storico.
L'impressione (mia) è che Dan Brown abbia dipanato una storia molto avvincente, ma che alla fine del libro non avesse la minima idea di come chiuderla e sia finito in un pasticcio in cui tutta la trama stessa non regge.
Alla fine, e questa è la parte più ridicola del libro, gli sforzi congiunti di tutti gli attori non riescono comunque a impedire la diffusione del virus e quindi tanto valeva che se ne andavano al bar a bersi una birra fin dall'inizio. Per fortuna il virus letale che avrebbe dovuto sterminare tutti, si scopre essere un anticoncezionale orale di straordinaria efficacia.
In realtà, per tutto il libro Langdon si rammarica di aver perso il suo orologio di Topolino che porta da quando è bambino. Nell'ultimo capitolo finalmente lo ritrova e questa potrebbe essere la chiave di lettura giusta per il libro. La storia del virus, di Dante, ecc ecc è tutta un trucco narrativo per accompagnare il vero mistero del libro: dove è finito l'orologio di Topolino di Langdon?

mercoledì 19 giugno 2013

FELICITA' INTERNA LORDA

Siamo abituati a valutare lo sviluppo di un paese in base al PIL, il prodotto interno lordo, e in base al PIL procapite, vale a dire il Pil diviso il numero di abitanti. Il problema è che se tu sei molto ricco, e io molto povero, facendo questo conto appare come se stessimo tutti e due bene, almeno economicamente. Va da sé che non è vero, un po' come i due polli di Trilussa che penso la conosciate tutti e non sto qui a raccontarvela, al limite googolate.
Visto che il Pil non è abbastanza esaustivo, qualcuno si è inventato il FIL, che è il tasso di felicità interna lorda che misura il benessere di un popolo. I criteri presi in considerazione per determinare il FIL sono la qualità dell'aria, la salute dei cittadini, l'istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali. Nulla a che vedere con la ricchezza economica.
Un piccolo e strano paese asiatico, il Buthan, ha deciso di non procedere sulla strada del benessere economico – e cioè di inseguire la'umento del PIL – ma bensì di cercare di aumentare il FIL. Il risultato di questa strana politica avviata dal Re Drago (così i Buthanesi chiamano il loro Re) Jigme Khesar Namgyal Wangchuck (foto) è che il Buthan, pure essendo un paese molto povero in termini di PIL, è invece uno dei paesi più felici al mondo.
E' difficile fare paragoni tra il Buthan e altri paesi. Basti dire che questo piccolo stato ha poco più di 700mila abitanti, poco più della Provincia di Alessandria.
Però questo strano esperimento del Re Drago sta funzionando, e i Buthanesi seppur poveri (sono praticamente tutti agricoltori) sono felici e contenti.
Per preservare la felicità del proprio paese, e le sue tradizioni, il turismo non è visto di buon occhio dal Re Drago: ogni anno vengono concessi solo 6000 visti per turismo.
Tutto bene quindi in Buthan? Forse sì, forse no. Fa molto discutere la politica di preservazione dell'identità nazionale che ha portato negli anni novanta all'espulsione di migliaia di bhutanesi di origine nepalese e di religione induista che vivevano soprattutto nel sud del paese. Questi sono stati costretti a espatriare e a rifugiarsi in una decina di campi profughi del Nepal. Gli espulsi, che ovviamente non hanno gradito il trattamento, si sono uniti nel Partito comunista del Bhutan (marxista-leninista-maoista) che ha un programma rivoluzionario il cui scopo è rovesciare il Re Drafo e creare una repubblica popolare.
Il partito ha creato un’ala militare, la Bhutan Tiger Force, il cui scopo è quello di inviare uomini clandestinamente nel territorio del Paese a fare attentati.
Insomma, i Bhutanesi sono davvero poveri e contenti, oppure è il Re Drago che gli impone di esserlo?
Intanto, l'OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha stilato la classifica 2013 dei paesi più felici al mondo. Al primo posto c'è l'Australia, seguita da Svezia, Canada e Norvegia. L'Italia tra i primi 10 non c'è, e neppure il Bhuthan.

sabato 15 giugno 2013

A PROPOSITO DELL'INTEGRAZIONE A NOVI

Capita che parti convinto di dover incontrare un Imam e parlare di una moschea, e poi ti ritrovi con una signora a parlare di un centro culturale. Capita che parti per cercare di capire perché la comunità islamica vuole fare una moschea, e scopri che non gli passa neanche per la mente di farla, la moschea.
Devi ritarare l'intervista, perché quello che hai letto sui giornali è sbagliato. Forse li hai letti troppo superficialmente, e non hai capito di cosa si parla. O forse ad essere superficiale è stato il giornalista.
Sono le 5 di un pomeriggio qualsiasi, a Novi Ligure. In via Girardengo incontro Rachida Hasbane, Hassan Hannimi e Hassan Farahat. Davanti a un caffè al Bar Teatro inizia una lunga e inaspettata chiacchierata.
Ma quale Moschea, ma quale Imam...” ci dice subito Rachida. “A Novi esiste da oltre 20 anni un luogo dove le persone di fede musulmana si incontrano. Prima in via Verdi, ora in via Cavour. Non è una moschea, ma un centro culturale. Ci incontriamo, organizziamo corsi di italiano per stranieri e corsi di arabo per italiani. Preghiamo anche, perchè no? Ma un luogo dove si prega non è una moschea.”
“Così come una persona che guida la preghiera non è un Imam” mi spiega Hannimi “L'Imam è una persona che si occupa di una moschea, e lo fa a tempo pieno. Qui a Novi ci sono solo persone, come me e Farahat, che hanno studiato un po' di più il Corano e guidano i momenti di preghiera. Ma non siamo Imam, e non li vogliamo essere.”
Ma allora, che cosa volete fare?“Quello che abbiamo sempre fatto, ma in un posto migliore. Un luogo che ci permetta di coinvolgere tante persone, tanti novesi, nelle nostre attività. Il nostro centro di cultura islamico è stato il primo della provincia, e uno dei primi della Regione Piemonte. A Novi ci sono oltre 500 persone stabilmente residenti di religione musulmana, provenienti dall'africa, dal Mahgreb, ma anche dai paesi dell'est europa e da tutto il mondo. Vogliamo costruire un luogo aperto a tutti, italiani e stranieri, che faccia cultura e aggregazione. Un luogo dove le mamme, italiane e straniere, possono portare i loro bambini. Insomma, uno spazio a disposizione della Città.”
Le polemiche in Città però dicono altro: il comune vi costruisce la moschea a carico dei cittadini.
“Non è vero: la religione musulmana, innanzitutto, non è prevista nel concordato e quindi in Italia non è riconosciuta. Quindi il Comune, anche volendo, non potrebbe riservarci trattamenti di favore. In realtà, abbiamo chiesto al comune di venderci un terreno in cui vorremmo costruire il centro culturale.”
Con che soldi? “Con i nostri, quali altri? Non sarà facile, anche perché il momento è gravissimo dal punto di vista economico, e molti di noi hanno perso il lavoro. Non sarà facile trovare le risorse per acquistare il terreno, e chi sa quando riusciremo ad avere i fondi per costruire. Facciamo un passo per volta, e solo Dio sa se riusciremo ad arrivare in fondo.”
Rachida è un vulcano, ma Hassan Hannimi la interrompe
“A Genova il centro è stato costruito economico con il contributo di tanti genovesi – che si dice non siano particolarmente prodighi – grazie sopratutto all'intervento di tanti parroci, che dal pulpito delle loro chiese hanno spiegato ai fedeli cosa stavano facendo e hanno chiesto di dare una mano. Forse, anche a Novi potrà succedere una simile mobilitazione popolare.”
“Non è solo la religione la motivazione che ci spinge verso la direzione del centro culturale. Ad esempio, anche lo sport è una parte importante. Alcuni anni fa
– spiega Farahat – abbiamo messo su una squadra di calcio, la AC Marocco, che diede ottimi risultati non solo sportivi. Io ero l'allenatore, Hannimi il massaggiatore...”
Ma il rapporto con il Comune c'è... “Con l'assessore Broda c'è un rapporto davvero fattivo. E' una persona che cerca di risolvere i problemi, non di aggirarli. L'anno scorso, per il Ramadan, abbiamo avuto alcuni problemi: le persone che volevano uno spazio dove pregare erano tante, e la nostra sede in via Cavour troppo piccola. E' stato il comune ad aiutarci, affittandoci uno spazio in cui potevano starci tutte le persone che a Novi si riconoscono nella fede musulmana. E non sono solo arabi: ci sono anche tanti Novesi, che magari hanno sposato una ragazza marocchina e oggi hanno abbracciato la nostra fede...”
Le polemiche però ci sono: Novi è una città razzista? “Assolutamente no. Non giudicate da chi grida più forte. Ad esempio, abbiamo una collaborazione con tanti parroci della Città. Basta entrare in un oratorio, e vedere quanti ragazzi che si chiamano Mohammed o Hassan ci sono, a giocare a calcio con il prete!
Vogliamo ringraziare in particolare Don Giuseppe: a casa sua – nel senso della sua parrocchia – abbiamo organizzato un corso di arabo per bambini. Non solo figli di arabi, ma anche di italiani.”
D'accordo, se non è integrazione questa... Ma la comunità musulmana di Novi è una comunità stabile o in evoluzione? “Abbastanza stabile: siamo tutte persone che abitano a Novi da tempo, i nostri figli sono nati qui e parlano italiano, non arabo. Molti – circa la metà - hanno preso la cittadinanza italiana. Anche noi, addirittura anche quando parliamo di religione, se vogliamo farci capire bene dai nostri figli spesso ricorriamo all'italiano. Ma ci piace pensare – e provare - di poter passare la nostra cultura ai nostri figli...”
Avrei voluto indagare sul ruolo della donna nella comunità musulmana. Ma il fatto che sia una donna marocchina l'interlocutrice principale di questo progetto, la dice più lunga di ogni parola sul ruole che le donne arabe hanno all'interno della comunità. E' Rachida, che fa la mediatrice culturale, che guida la discussione e che mette anima e corpo nel centro culturale islamico. “Forse una volta, ai tempi dei nostri nonni, erano gli uomini a prevalere” conclude sorridendo Hannimi “ma oggi, a casa nostra, sono le mogli a comandare...”
Anche a casa degli italiani, non temete...



mercoledì 15 maggio 2013

NON SEMPRE TRAGICHE FATALITA'

Molto spesso gli incidenti sul lavoro vengono classificati come “tragiche fatalità”. Troppo spesso sulle colonne del nostro giornale siamo costretti a darvi notizia di un ennesimo incidente sul lavoro, spesso con esiti mortali come quello accaduto la scorsa settimana a Tassarolo.
Ormai, forse, qualcuno non ci fa neppure più caso. Ma spesso, forse, questi incidenti possono essere evitati con una corretta applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro.
Spetterà alla magistratura indagare su quanto accaduto, come sempre. Intanto a noi vengono in mente alcune domande, che giriamo ai nostri lettori.
Come mai la linea elettrica su cui il 45enne Molruz Ruci stava lavorando era sotto tensione? Si tratta di una prassi abituale oppure si è scelto di non interrompere l’erogazione del servizio elettrico per altri motivi?
Ruci stava lavorando solo, come riportato da alcuni testimoni? È consentito lavorare da soli in cima a una scala senza avere un collega che aiuta a tenerla in posizione?
Che tipo di intervento stava eseguendo la ditta Cuneese per cui lavorava la vittima dell’incidente? Perché l’Enel, anziché fare il lavoro direttamente con le proprie maestranze, ha deciso di affidare ad altra ditta l’intervento?
La ditta aveva le competenze necessarie, ma soprattutto Ruci aveva la formazione sulla sicurezza necessaria per lavorare su di una linea sotto tensione?
Infine, la povera vittima aveva in dotazione tutti i dispositivi di protezione individuale necessari per il lavoro? Li stava usando?Abbiamo parlato con alcune persone che sono state testimoni di questo evento, e ci sono venute in mente queste domande.
Ci piacerebbe che questo caso non venisse catalogato, ancora una volta, come una “tragica fatalità” di cui è rimasto vittima l’ennesimo lavoratore straniero nel nostro paese. L’elettricità è da sempre sinonimo di progresso. Nel 2013, mentre manovriamo robot che esplorano Marte, ci pare anacronistico morire fulminati in cima a un palo della luce. Ma forse, in questo caso, è necessario “fare luce”, e non elettrica.

giovedì 25 aprile 2013

A PROPOSITO DI TERZO VALICO

Lunedì scorso il Consiglio Comunale di Novi si è riunito per discutere, ancora una volta, di terzo valico ferroviario. Purtroppo non stavo bene e non sono potuto andare – la mia prima assenza. Ma mi ero preparato qualcosa da dire, e lo dico qui.
L'impatto che l'opera del terzo valico avrà sulla nostra città, sia durante la fase di esecuzione dei lavori, sia quando l'opera sarà terminata e funzionante, sarà enorme. Dobbiamo risalire al 1850, quando la regia ferrovia Torino-Genova arrivò a Novi Ligure, per trovare l'altro evento che cambiò radicalmente volto, e storia, alla nostra città.
Ora Novi si trova di fronte ad un nuovo momento epocale. Così come nel 1850 il Re non chiese ai novesi se volevano la ferrovia, così oggi la legge obbiettivo non ci chiede un assenso su questa grande opera. Ciò non ci toglie però il diritto di esprimere le nostre osservazioni e considerazioni.
Una mozione presentata da Unità per Novi e una presentata dall'Italia dei Valori ci chiedono – nuovamente - un parere su questo progetto. Un parere che, ricordiamolo, non sarà vincolante per chi sta lavorando per realizzarlo.
Non è semplice esprimere un parere su questa opera complessa. Quando mi trovo davanti ad un problema complesso, cerco di trasformarlo in sotto-problemi più semplici. Così, la domanda che oggi ci pone la mozione io la divido in altre tre domande.
La prima, se l'opera sia utile di per sé. La seconda, se l'opera sia utile oggi. La terza, se l'opera sia utile a Novi.
Alla prima domanda io rispondo sì. Non ho alcun dubbio sul fatto che il trasporto su ferro sia migliore al trasporto su gomma, così come il trasporto via mare è migliore del trasporto via terra, comandanti vari permettendo. Costa meno e inquina meno, semplicemente.
Io credo che chi dice che senza una rete efficiente e veloce di collegamenti ferroviari rischiamo di restare ai margini dell'Europa dica la verità. Credo si stia giocando, sul tema del trasporto ferroviario, un partita importante per lo sviluppo futuro del nostro paese e come è ovvio c'è anche chi spera che l'Italia resti fuori da questa partita.
Io credo che sia giusto dire che le grandi opere portano lavoro, e il lavoro porta benessere.
Penso che un forte investimento pubblico sulle infrastrutture del paese sia un investimento sul futuro e un investimento sul lavoro. Io vorrei lasciare ai miei figli un paese in cui ci si sposta più velocemente, senza inquinare troppo, senza spendere troppo (perché significa che si spostano tutti, e non solo i più facoltosi) in cui le merci viaggiano e magari durante il transito vengono anche lavorate, prendono valore.
Se analizziamo storicamente i grandi investimenti, le grandi infrastrutture, che nel secolo scorso hanno permesso di creare la rete di trasporto del nostro paese... nessuno può riuscire a sostenere che quegli investimenti siano stati un danno al paese. Sto pensando alle autostrade, alle ferrovie...
Per quanto detto, per i riflessi che hanno sulle persone e sul lavoro, credo che una persona che sta a sinistra non possa avere grandi dubbi sul sostenere le grandi opere per l'impatto generale positivo che esse hanno avuto, e ragionevolmente avranno, sulla società.
Quindi, in termini più generali, sono favorevole alle grandi opere.
Alla seconda domanda (il terzo valico è utile oggi) la risposta non è così netta. Il nostro paese sta attraversando un momento economico e storico difficilissimo. Alla crisi economica si associa un rapporto giunto al minimo livello tra i cittadini e i loro rappresentanti. Non c'è fiducia nei “politici” e nelle loro scelte. In un momento in cui è necessario chiedere sacrifici ai cittadini, occorrerebbe avere una classe dirigente che goda di fiducia e oggi non è così. Questo è un problema grave quanto la crisi economica e occupazionale che il paese sta attraversando.
E' oggi il momento giusto per investire una cifra enorme (oltre 6 miliardi di euro) in una linea ferroviaria? Quante altre priorità ci sono oggi in Italia? Citandone una per tutte, non sarebbe forse più utile mettere mano, con le stesse risorse, al dissesto idrogeologico del paese? Se fossi il Presidente del Consiglio,  direi che oggi il paese ha altre urgenze. Ma sono solo un consigliere comunale di Novi Ligure, e queste scelte non competono a me.
La terza domanda: il terzo valico è utile a Novi? Quest'opera inciderà pesantemente sulla nostra città. Il basso pieve sarà stravolto e se in fase di progettazione esecutiva non si terrà conto delle osservazioni del nostro comune, e si procederà alla realizzazione dello shunt, la situazione sarà ancora più pesante. L'impatto sarà totalmente negativo? Non ho la sfera di cristallo. Non l'ha nessuno. Nessuno oggi è in grado con certezza di fare il conto dei pro e dei contro e rispondere a questa domanda. Ma credo che si possa lavorare per aumentare i fattori positivi e diminuire quelli negativi.
Se il nostro comune, nel 2005, avesse detto semplicemente No al progetto (o semplicemente Si) probabilmente assisteremmo come spettatori a questa opera. La posizione espressa allora da questa amministrazione fu una posizione che evidenziò molte criticità e che io oggi condivido fino in fondo. E' stato fatto uno studio approfondito del progetto e sono state presentate proposte che mirano a mitigare l'impatto dell'opera. Altri comuni non hanno voluto o potuto fare uno sforzo simile e ora rischiano di assistere muti al passaggio della linea. Novi ha presentato un lavoro serio che non è stato possibile ignorare.
Il gruppo di lavoro che si costituì 7 anni fa, e che oggi continua a lavorare, analizzò il progetto è fece delle proposte serie e motivate. Quel lavoro dimostro la serietà che questa amministrazione dedica al problema.
Quell'atteggiamento ci mette in condizione di portare avanti un lavoro fondamentale, che dovrà à impegnarci – noi e chi verrà dopo di noi in questa sala – in una costante opera di monitoraggio.
Sarebbe tutto più facile se non avessimo un po' di diffidenza nel nostro paese. Abbiamo visto in passato grandi opere che si sono trasformate in cattedrali nel deserto. Se al lavoro di realizzazione non si accompagnerà un lavoro di potenziamento del porto di Genova, e una azione forte volta a limitare il trasporto su gomma, il rischio c'è eccome.
Abbiamo visto in passato opere che, durante la realizzazione, hanno visto lievitare enormemente i costi. Abbiamo visto opere minate alle basi dalle infiltrazioni della criminalità organizzata. Questi timori ci sono eccome. Ma non possiamo ridurci a pensare di vivere in un cattivo paese in cui è meglio non fare nulla. Se perdiamo fiducia nelle nostre istituzioni perdiamo tutto. E' anche vero però che le istituzioni fanno di tutto, spesso, per farcela perdere questa fiducia. Ma non possiamo rassegnarci e consegnare il paese alla cattiva politica, al malaffare.
Nel corso dell'ultimo anno abbiamo assistito a qualche tentativo, per lo più infruttuoso, di avviare i lavori. Abbiamo visto un grande movimento popolare che ha espresso una contrarietà chiara all'opera. Quasi tutte le preoccupazioni espresse dal Comune di Novi, e dagli altri Comuni, sono rimaste tali. Non ci sono state risposte certe su temi fondamentali come la presenza di amianto, il rispetto delle falde idriche, l'impatto della cantieristica sul territorio e sul traffico.
12 Comuni tra cui Novi, di fronte a questa assenza di risposte, hanno chiesto una moratoria. Che vuol dire fermare tutto, subito.
Molta polemica e molta disinformazione è stata fatta nell'ultimo periodo. Queste azioni non vanno certo nell'interesse dei cittadini e del territorio, ma giovano solo alla lotta politica e partitica che alcuni hanno messo in campo – permettetemi di essere duro - sulla pelle dei cittadini.
E' stato detto che a Novi abbiamo detto sì al terzo valico in cambio di una rotatoria. Questa affermazione è falsa. In primis, perchè il comune di Novi non ha detto sì, perchè nessuno glielo ha chiesto. La legge obbiettivo, ricordate? Il Comune di Novi ha invece presentato proposte volte a mitigare l'impatto del tracciato e della cantieristica. Tra le tante, ricordo la più importante: la richiesta di eliminazione dello shunt per il raccordo della nuova linea con la storica per Torino. Se accolta, questa proposta porterà due risultati importantissimi. Il primo, l'eliminazione di ben 7 chilometri di tracciato in territorio novese, andando a ridurre in maniera molto forte l'impatto dello stesso sulla nostra campagna. Il secondo, reinserire lo scalo di San Bovo all'interno del tracciato e quindi prospettare uno sviluppo e un rilancio dello stesso.
Se questa richiesta del nostro comune verrà accolta – e una prima delibera lo ha già fatto – saremo riusciti a svolgere un ruolo determinante per ridurre l'impatto dei lavori, e portare a Novi prospettive di sviluppo. Non saremmo riusciti ad ottenere nulla se ci fossi limitati a dire No, e a salire sulle barricate ideologiche.
Quindi, per concludere, io come cittadino dico che questo progetto non sia da fare. Almeno, non ora. Come amministratore, però, ho un compito diverso. Ho il dovere di cercare di tutelare la mia città, e non la mia ideologia personale. E questa tutela – io credo - passa attraverso la volontà di affrontare i problemi, di capirli fino in fondo, e cercare di cogliere tutte le occasioni possibili per far valere, in tutti i tavoli, gli interessi della nostra Città.
Invece noto con dispiacere che questo tema viene usato sempre più da alcune forze politiche locali come occasione di propaganda , come occasione di visibilità. C'è un continuo tentativo di mettere il proprio cappello sul movimento di opposizione e mettere le proprie bandiere in testa al corteo, sperando così di ottenere il consenso dei tanti cittadini che – senza aver bisogno dei partiti – si stanno opponendo a questo progetto. Un tentativo che io credo sia stato ben compreso dai cittadini, sia da quelli che sono contro all'opera, che da quelli – più silenziosi - che sono a favore. La situazione chiede a tutti noi che abbiamo l'onore e l'onere di cercare di amministrare questa Città un atteggiamento profondamente responsabile. Cercare di ottenere i riflettori della stampa locale in questo modo non serve a nessuno.
Dietro a queste mozioni vedo una azione politica che – seppure legittima – non condivido. Il tentativo è quello di alzare la bandiera NOTAV e di voler associare tutti quelli non si schierano con la mozione sotto la bandiera SITAV. Io non mi presto a questo gioco. Può esser comodo fare le “anime belle” e dire in giro “io sono contro”, ma questo non giova alla città.
Questa mozione ha portato in consiglio i giochi della politica, delle segreterie dei partiti. I movimenti di posizionamento dei partiti cittadini in vista delle prossime elezioni amministrative. Non sono certo io a scandalizzarmi di questo fatto: so come è fatta, e come va la politica. Ma voglio ricordare che siamo qui in rappresentanza dei cittadini, non dei nostri partiti.

venerdì 19 aprile 2013

DISTURBING NEW TREND

Aiutatemi a capire meglio. Magari dietro ai disturbing new trend c'è un qualche messaggio che non riesco a cogliere.
Cosa sono i disturbing new trend? Una nuova moda, che consiste nel fare qualcosa di estremamente stupido e disgustoso - almeno secondo me.
Provate ad andare su youtube e cercare “condom challenge”: troverete migliaia di video in cui ragazzi e ragazze si cimentano in una prova tanto stupida quanto disgustosa, che consiste nel ficcarsi un preservativo nel naso e farselo uscire dalla bocca. (Sì, avete letto bene.)
Che cosa spinge una adolescente carina a mettersi davanti alla telecamera, riprendersi mentre fa quello che ho detto, e poi condividere questa sua prodezza con il mondo intero?
Su youtube, cercando “condom challenge”, si trovano 184mila video. Il più visto conta oltre 350mila visualizzazioni. Parliamo di un numero davvero grande di persone che si cimentano in questa stupida prova. Perchè? Ditemi la vostra.
Un'altro disturbing new trend? Il “Vodka eyeballing”. Consiste nel riempire un bicchiere di vodka fino all'orlo, poi appoggiarci sopra l'occhio in modo che sigilli il bordo del bicchiere, e rovesciare il tutto in modo che l'occhio si trovi a fare un bel bagno nel superalcolico. Che effetto può mai fare?
Stavolta mi sa che proprio non ce la faccio a capire.

venerdì 5 aprile 2013

MAI ASSUFARSI ALLA STUPIDITA' UMANA

Girovagando per i tantissimi canali che la nostra cara vecchia televisione ci offre, non possiamo non incappare in qualche trasmissione  in cui sia in corso la vendita dei numeri vincenti del lotto. E' un fenomeno tanto comune che ormai non ci facciamo più caso, e questo è un male.
La presenza di trasmissioni che vendono numeri vincenti del lotto presuppone l'esistenza di due distinte categorie di persone: il truffatore, che vende i numeri, e lo stolto che li compra.
Ciò che fa specie non è la presenza di persone disposte a approfittare della stoltezza altrui – la storia dell'umanità ne è piena – quanto la ancora più forte e numerosa presenza di persone che non riescono a fare un semplice ragionamento: se uno ha i numeri vincenti del lotto se li gioca lui, mica li vende a me.
Mi piacerebbe che qualche lettore, con esperienza un po' più internazionale della mia, ci facesse sapere se questo fenomeno è tutto italiano, o se anche all'estero riesce a prendere piede una pratica così ridicola. La diffusione mondiale della stoltezza mi rallegrerebbe. Sapere invece che i boccaloni sono uno delle tante specialità del nostro bel paese mi getterebbe nello sconforto.
Del resto, qualcuno mi dirà, basta vedere i risultati elettorali per capire quanto i nostri cari Italiani sono disposti a bersi qualunque frottola. Ma questa è un'altra storia.

In attesa di commenti, vi regalo i numeri vincenti per la prossima estrazione: 45-34-67-1-2
Mi raccomando, giocateli. Credeteci.

martedì 26 marzo 2013

IL CUORE OLTRE L'OSTACOLO


E’ una mia solitaria impressione o il Partito Democratico si è sdoppiato? Semplificando, da una parte il partito pesante di Bersani e dall’altra  quello leggero di Renzi. 
Non parlo dei dirigenti del partito, la complessità della situazione va oltre le mie capacità di interpretazione. Sono così tontolone che non ho neppure ancora capito chi siano i giovani turchi… Figurati se posso capire le mille divisioni, le mille sensibilità dei dirigenti del PD.

Mi riferisco invece al sentire della “gente”, alle sensazioni degli iscritti, della base del PD. In gioco c’è l’identità del partito. Il PD è un recinto chiuso o aperto? Ha una vocazione maggioritaria oppure cerca il consenso attraverso le alleanze? E’ un partito giovane o un partito vecchio? 
Ma soprattutto, è possibile una sintesi tra questi due modi – in parte opposti – di recepire l’impegno politico? 
Tra i tanti problemi, si avvicina anche il momento del congresso del Partito Democratico. Assisteremo – e parteciperemo – a uno scontro da cui usciranno uno sconfitto e un vincitore, oppure ci sarà la capacità e la volontà di fare una sintesi? 
Faccio un esempio per essere capito bene. Durante le scorse primarie Renzi ha cercato di portare al voto, nelle primarie,  i delusi del centro destra. Bersani ha detto  abbastanza chiaramente (non è che la chiarezza sia una delle virtù in cui eccelle il segretario del PD) che quei voti non li voleva. 
Il caso di Novi ha avuto spazio in tutti i giornali nazionali. Pino Dolcino, ex segretario della lega e consigliere comunale di opposizione, si è recato al seggio per votare Matteo Renzi. Regolamento alla mano, il Presidente del seggio gli ha negato il diritto di voto. Ha fatto bene? Una parte del PD dice di sì. Un’altra parte dice di no. Se abbiamo una vocazione maggioritaria, cioè se ci cerchiamo i voti per governare e tutti i voti sono uguali, allora Dolcino può votare. Se abbiamo una vocazione identitaria, cioè se abbiamo un recinto in cui ci sono i buoni di provata fede, allora Dolcino resta fuori.

Non è una distinzione di poco conto. Ardua è la sintesi, cioè mettere insieme in un percorso comune questa differenza così sostanziale del modo di intendere il partito e il suo rapporto con gli elettori.  
Però bisogna provarci. Superare le divisioni e gettare il cuore oltre l’ostacolo. Se no, il rischio è che mentre noi discutiamo della forma del partito, il mondo va avanti veloce.  Le recenti elezioni ci hanno dato un risultato chiaro: la proposta del PD, la proposta di Bersani, non ha convinto gli elettori. Possiamo partire da lì?

“Se aveste candidato Renzi…” me lo hanno detto tante volte che ho la nausea di sentirlo dire, io che Renzi alle primarie l’ho votato, figuriamoci gli altri. Non è con le tonnellate di senno di poi che possiamo costruire il futuro. Lo possiamo costruire capendo i nostri errori e aprendoci a tutti gli Italiani, non solo ai “nostri”… 


sabato 9 marzo 2013

DA CHE PULPITO!

Il giorno dopo le recenti elezioni, ad un giornalista che me la chiedeva, ho espresso una dichiarazione un po' arrabbiata sul risultato elettorale. Ho detto che “Alcuni dirigenti del mio partito, a livello locale, sembrano asserragliati in un fortino assediato dagli indiani, incapaci di avere un rapporto con i cittadini. A livello organizzativo locale e comunicativo abbiamo fatto errori enormi e anche ridicoli: sarebbe ora – anzi, è forse tardi – che qualcuno traesse le conclusioni e si prendesse delle responsabilità”.
Capisco che qualcuno si sia sentito tirato per la giacchetta e si sia risentito. Infatti, a giro di posta, al giornale, è arrivata una lettera di Franco Soffiantini che me le canta.
Franco spiega – dopo un lungo attacco a Marubbi, anche lui reo di aver criticato la linea – che durante “tutta la campagna elettorale, non ho visto gruppi di dirigenti asserragliati, ma impegnati utilizzando sistemi di campagna elettorale tradizionali e di comunicazione innovativa.... ma non ho mai visto tra i tanti Andrea Vignoli. Una svista? Forse, ma non credo. Quindi non mi resta che concludere con  quel vecchio proverbio: “Ma guarda da che pulpito devo sentire la predica”.
Io a Franco Soffiantini sono affezionato. La prima volta che entrai nelle stanze di Piazza XXVII aprile, ero un giovane corrispondente del Novese da Vignole Borbera. C'era ancora il PCI e c'era lui. Poi il PCI è diventato PDS, io mi sono iscritto e c'era lui. Poi il PDS è diventato DS, e c'era lui. Poi i DS sono confluiti nel PD, e c'era lui. Oggi, c'è ancora lui. Come potrei non essergli affezionato?
Ha ragione Franco quando dice che in quelle stanze non è che mi ci si veda molto. Almeno, non tanto come lui. Ma purtroppo, non sono in pensione e mi tocca lavorare. Poi, ho anche una famiglia e quando voglio sentirmi a casa, vado a casa, mica in partito. Quindi, non è che posso essere lì tutti i giorni.
Al di là degli impegni personali e delle disponibilità di tempo però penso che la campagna elettorale non si fa in partito, ma si fa fuori. C'era forse qualcuno da convincere a votare Bersani, nella sede del PD? Spero proprio di no. Invece, fuori da lì ce ne erano molti. E' stato proprio facendo la campagna elettorale in mezzo alla gente, nel mio quartiere, parlando con i miei colleghi, con gli amici, mi sono reso conto di quanto fosse difficile spiegare le ragioni del mio voto per Bersani. Forse sono io che non sono bravo, ma diciamoci la verità, non è che il nostro programma fosse così chiaro e immediato.
E' stato proprio stando in mezzo alla gente – anche al gazebo del PD, a cui stavolta sono io a non avere visto Soffiantini – che ho capito che il Movimento 5 stelle avrebbe raccolto un mucchio di voti. Bastava parlare con le persone, per strada. Certo, se facevamo un sondaggio in partito, tra di noi, facile immaginare che Bersani avrebbe vinto a mani basse. Ma come sappiamo non è andata così.
Pochi giorni fa ho seguito la Direzione Nazionale del PD convocata da Bersani. Molti discorsi utili, anche se l'impressione di fondo che si trattasse di un altro conclave, con tanti cardinali. Insomma, un po' troppo rituale, nonostante la diretta web.
Mi ha colpito la domanda che ci ha posto Renato Soru: “Non abbiamo ancora deciso ciò che siamo o che dobbiamo essere: conservatori o innovatori?”. Io ho deciso da tempo. Innovatore, senza dubbi.
Questa domanda va al cuore del mio, del nostro impegno politico. Io faccio “politica” per la Città, per la mia Novi. Il partito, il PD, è uno strumento, un mezzo, non il fine.
Purtroppo, c'è anche chi fa politica mettendo al primo posto il partito. Ma questa politica, non paga. Lo abbiamo visto tante volte, ad esempio nelle tante primarie perse in giro per l'Italia quando il PD ha cercato di mettere il suo uomo di apparato contro la società civile, perdendo regolarmente.
Io so che la passione per la politica non mi passerà mai e che troverò sempre il modo per dedicare un po' di energia, fina a quando mi resterà, alla mia Città. Ma questo non significa che lo debba fare per forza nel PD, o in qualche partito.


mercoledì 27 febbraio 2013

QUELLA VOLTA CHE VENNE CIVATI A SPIEGARCI GRILLO


La sera del 9 novembre scorso faceva un tempo da cani e a sentire Pippo Civati alla casa del giovane di Novi non c’era nessuno. E quando dico nessuno, dico che eravamo in otto.
L’avevamo chiamato come gruppo di Prossima fermata Novi, l’ala “movimentista” del PD...  e dobbiamo ammettere che la promozione della serata non c’era riuscita granché.
Pippo,  che l’avevamo fatto venire da Monza e gli toccava pure dormire a Novi che il giorno dopo doveva andare  a Genova, anziché mandarci tutti a quel paese ci tenne lo stesso a fare l’incontro.
L’occasione era quella di presentare il suo libro “Le rivendicazioni della politica. Cinque Stelle, mille domande e qualche risposta”. Si parlò tutta la sera di Grillo e si dissero cose moto interessanti. Si disse che c’erano molti punti di contatto tra il nostro programma e quello del comico genovese. Si disse che avrebbe preso tanti voti, e che non sarebbe stata una mossa giusta demonizzarlo o ridicolizzarlo.
Peccato che quella sera a Novi eravamo così pochi. Fortuna che Pippo Civati si candida alla segreteria nazionale del PD. 
(Nella foto, Civati alla casa del giovane con uno degli otto,  Alfredo Lolaico)

martedì 26 febbraio 2013

L’ALBA DI UNA RIVOLUZIONE - di Daniele Mollame


Stamattina mi sono alzato, curioso di conoscere questo nuovo mondo. Il M5s con il suo condottiero Grillo ha rovesciato il tavolo da gioco.
Ho fatto colazione in fretta sono uscito di casa, non nevica più da quando hanno chiuso i seggi. Nel recarmi alla stazione stranamente ho trovato parcheggio subito e mi sono recato al solito binario per prendere il mio treno ma non c’era! .... Ah no era solo stato spostato al binario 8.
Sono arrivato a lavoro dopo aver sentito molte volte dire Grillo, protesta, Renzi e Bersani si deve dimettere.
Il mio capo è stranamente arrivato a tempo a me e come spesso facciamo abbiamo parlato del mio cocopro; mi ha detto che prima o poi mi darà un inquadramento migliore, con un contratto migliore. Non è la prima volta che me lo dice ma oggi è il primo giorno di rivoluzione, ci credo un po’ di più.
Mi siedo alla scrivania e proprio mentre mi metto a scrivere queste annotazioni passa un signore con Libero sotto il braccio. C’è la faccia di un signore sorridente in prima pagina… 

No, non può essere lui;

oggi è l’alba della rivoluzione.

Daniele Mollame

mercoledì 20 febbraio 2013

PALENZONA, LO SCATOLONE DI SOLDI E LA PRESCRIZIONE

Mi sorge il dubbio che mi sto cercando delle grane ma due parole bisogna pur dirle su questa vicenda.
La notizia è questa: “Fabrizio Palenzona, vicePresidente di Unicredit e Presidente di Gemina è indagato per ricettazione dalla procura di Lodi, nell’ambito di una inchiesta nata da un troncone della vicenda delle scalate bancarie del 2005. A quasi otto anni di distanza dalla tentata scalata della Bpi, guidata da Gianpiero Fiorani, ad Antonveneta, la Procura di Lodi, infatti, è riuscita a chiudere una tranche di quell’indagine partita a Milano. Il filone su Palenzona è scaturito da alcune dichiarazioni dell’ex direttore generale di Bpi, Gianfranco Boni che aveva riferito di aver versato «soldi in contanti presi da uno scatolone» a Palenzona perché quest’ ultimo mettesse in atto, attraverso i suoi contatti politici, una sorta di lobbismo a favore di Bpi. Lo stesso Gianpiero Fiorani, peraltro, aveva parlato, a verbale, di versamenti a Palenzona per favorire la Banca Popolare di Lodi nell’acquisto dell’Iccri, di cui Unicredit aveva il 40%.”
Le accuse di cui deve rispondere Palenzona cadranno a breve: trascorsi 10 anni infatti il reato di ricettazione cade in prescrizione. Quindi, è probabile (se non certo) che non vedremo la fine di questo processo. Il che significa anche che non faremo chiarezza sulla vicenda, accaduta quando il Pozzolese Palenzona era – tra l’altro – Presidente della Provincia di Alessandria.
 La Procura ha anche disposto rogatorie internazionali sui conti esteri posseduti da Palenzona a Montecarlo, a Nassau (Bahamas) e in Svizzera.
 Io sono un ipergarantista: fino a prova contraria (cioè alla condanna) presumo che la persona accusata sia innocente. Peccato che l’arrivo della prescrizione possa impedire l’accertamento della verità.
Mi resta una domanda: ma che cavolo serve avere un conto alle Bahamas? Bho…

lunedì 18 febbraio 2013

ORA LA RACCOLTA DELLE FIGURINE SI FA A SCUOLA


Metti da un lato la crisi e la spending review con conseguenti tagli, dall’altra politiche di marketing sempre più aggressive rivolte ai minori, e alla fine ti ritrovi con la maestra che insieme agli alunni fa la raccolta delle figurine.

La scuola è da sempre un territorio ambito dai pubblicitari: lì ci sono i ragazzi, i bambini, e una campagna mirata permette di ottenere splendidi risultati. Ma la pubblicità nelle scuole era rigidamente vietata fino a 10 anni fa, quando  un decreto del governo Amato nel 2001 aprì timidamente le porte alla pubblicità e al marketing. In questi giorni un’aggressiva campagna promozionale ad opera di una grande catena commerciale sta trasformando maestre e professori in collezionisti di figurine, vediamo perché.

Nei centri commerciali di questa catena ogni 25 euro di spesa alle famiglie viene consegnata una bustina di figurine dei Simpson. Nella busta i ragazzi trovano anche una carta speciale “da consegnare a scuola”. La maestra o la professoressa che raccoglie consegna il gruzzolo di figurine al supermercato che provvederà a consegnare attrezzature didattiche gratuite alla scuola stessa. Quali attrezzature? Sul sito della catena commerciale non è riportato l’elenco dei premi. Si fa solo l’esempio che con 20 carte (equivalenti a 500 euro di acquisti) si potrà ricevere un pallone.

Con questa campagna il  vero promotore commerciale del supermercato è l’insegnante, che per raccogliere più bollini consiglia ai ragazzi e quindi alle famiglie dove fare la spesa. Lodevole l’obbiettivo della maestra: in questi tempi di tagli le nostre scuole sono bisognose di tutto. Meno lodevole l’idea di una campagna commerciale che mette al centro della strategia di marketing proprio le scuole e il delicato sistema classe – insegnanti.

Da "Il Novese". 

venerdì 15 febbraio 2013

PAREIDOLIA DA MARTE


Continua l’esplorazione del pianeta rosso e continua il suo successo sul web, dovuto a immagini curiose che ci giungono da quel pianeta lontano.
La prima immagine strana che ci è giunta da Marte  è la foto della “sfinge di Cydonia” inviata  sulla terra dalla sonda orbitale Viking 1 nel luglio del 1976.
Nella foto si può vedere un volto che ricorda una sfinge. Ovviamente la foto fece enorme scalpore e lo fa tutt’ora, anche se una successiva missione della nasa che rifotografò l’area fece capire chiaramente che si trattavo solo di un curioso effetto di ombre su di una montagna marziana.
Nel 2004 il rover Opportunity invia sulla terra un’altra immagine che farà discutere, nota nel mondo degli ufologi come “fossile marziano di crinoide”. Per chi vuole credere, si tratta di un fossile di una pianta simile ad una che esisteva anche sul nostro pianeta nella preistoria nota come crinoide. Per la Nasa, trattasi solo di una curiosa formazione lasciata dalla antica presenza di acqua sul pianeta rosso.
Nel 2007 arriva l’immagine più sconvolgente: in una foto inviata da Spirit si vede in lontananza una persona che saluta!
L’immagine passerà alla storia come la “sirenetta di marte” perché ricorda la statua della sirena all’ingresso del porto di Copenaghen.
Anche in questo caso, trattasi solo di una curiosa formazione rocciosa.
Anno nuovo, nuovo avvistamento: nel 2008 è ancora Opportunity che manda sulla terra niente meno che la foto  di una statua di un faraone egizio nascosta nella fenditura di una roccia.
Gli avvistamenti continuano:   su Marte di un nuovo Rover, Curiosity che  l’8 ottobre 2012 invia  sulla terra una foto in cui si vede tra la sabbia marziana una vite. Prova definitiva dell’esistenza di una civiltà avanzata? No, semplicemente prova del fatto che il rover stesso ha perso una vite.
30 gennaio 2013, pochi giorni fa, arriva un’altra foto clamorosa. Per terra c’è la maniglia di una porta! E’ la prova definitiva della vita! Anche questa volta la Nasa precisa: si tratta solo dell’ennesima curiosa formazione rocciosa.
In rete si trovano migliaia di discussioni sui vari forum in cui gli Ufologi commentano ogni volta le foto acclamamando la scoperta della vita e accusando la Nasa e le varie agenzie governative mondiali di insabbiare sistematicamente le prove inequivocabili che giungono da Marte.
Gli scettici invece usano una parola difficile per spiegare questo fenomeno: pareidolia.
Ci spiega Wikipedia di cosa si tratta: la pareidolia (dal greco είδωλον, immagine, col prefisso παρά, simile) è l'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale. È la tendenza istintiva e automatica a trovare forme familiari in immagini disordinate; l'associazione si manifesta in special modo verso le figure e i volti umani. Classici esempi sono la visione di animali o volti umani nelle nuvole, la visione di un volto umano nella luna oppure l'associazione di immagini alle costellazioni. Sempre alla pareidolia si può ricondurre la facilità con la quale riconosciamo volti che esprimono emozioni in segni estremamente stilizzati quali le emoticon.
Anche per le immagini che arrivano da Marte ci troviamo di fronte a esempi di pareidolia. Oppure no? Si tratta davvero dei resti di una civiltà egizia anticamente presente su Marte e poi in tempi antichissimi trasferitasi sulla terra? 
i fossili marziani (nel riquadro piccolo la foto da Marte, in quello grande la foto di una fossile terrestre)

la sirenetta di marte
Il "faraone" marziano. 







martedì 12 febbraio 2013

L'IMU, BERLUSCONI E IL GIOCO D'AZZARDO.


Nel 2012 il fatturato del vasto mondo dei giochi d’azzardo (macchinette nei bar, lotterie varie, casino on line) è aumentato del 20% rispetto all’anno precedente. Contemporaneamente – e apparentemente inspiegabilmente – il gettito da tassazione di questo settore, che in teoria avrebbe dovuto aumentare in eguale misura, e sceso del 10%. Ma come è possibile? Semplice, il settore è stato detassato dal Governo Berlusconi.
Il gettito erariale dato dal gioco d’azzardo in Italia vale 4,7 miliardi di euro. Senza sconti, questo gettito avrebbe potuto senza difficoltà essere almeno il doppio, o almeno quanto è entrato dalla nuova tassa dell’IMU (4 Miliardi).
Insomma, se non avessimo fatto sconti al gioco d’azzardo, ci saremmo potuti risparmiare la tassa sulla prima casa.
A questa notizia aggiungiamone un’altra, altrettanto interessante. I Monopoli di Stato hanno autorizzato una nuova società a operare nel mondo dei casino on line. Si tratta della Glaming, la cui proprietà è detenuta al 70% da Mondadori (cioè da Berlusconi stesso) e al 30% dalla società Fun Gaming, appartenente a tal Marco Bassetti, marito di Stefania Craxi, già sottosegretario agli esteri.
Insomma non solo Berlusconi ha detassato il settore, ma ci è entrato anche a piedi giunti.
Recentemente Berlusconi ha proposto di abolire l’IMU (tassa che lui ha rimesso, ma di cui dà la colpa al governo Monti) aumentando il gioco d’azzardo. Aumentando, non tassando, leggete bene.
Il costo sociale della dipendenza da gioco d’azzardo è altissimo, e il settore è in mano alla malavita. Anziché controllarlo e renderlo meno appetibile con una tassazione in linea con il resto del mondo, in Italia viene incentivato.
Ringrazio Matteo Renzi che nel suo intervento ad Alessandria ha segnalato il problema.
Un dato positivo in tutto questo riesco a vederlo: togliere l'IMU si può, se si vuole. 

venerdì 8 febbraio 2013

LETTERA APERTA A PIER LUIGI BERSANI


Caro Segretario,
mi chiamo Andrea Vignoli e sono un semplice Consigliere Comunale eletto nelle liste del PD. Sto seguendo, come sempre,  la campagna elettorale che ci sta portando al rinnovo del governo e sono molto perplesso su come il mio partito la sta conducendo. 
Io credo che l’idea che sta alla base del Partito Democratico è una nuova visione del modo di fare politica e del modo di amministrare il paese. Oggi, in questa campagna elettorale, questa visione è offuscata. 
Ci manca forse il coraggio di essere diversi, di proporre altro, di prendere posizioni chiare? Di dire chiaramente agli elettori in che modo intendiamo amministrare il paese una volta che ci avranno conferito l’incarico? 
Alcuni ci rimproverano di essere sempre gli stessi, quelli con le radici ancora salde nel vecchio PCI. E’ vero, in molti troppi casi, anche e soprattutto a livello locale, è cambiato il partito ma sono sempre le stesse le facce. Ma tra le tante eredità, buone e cattive, che ci ha potuto lasciare la storia, una la abbiamo persa: la capacità di avere una visione alternativa, il coraggio delle scelte forti, delle scelte controcorrente. 
Io, come tanti, faccio politica quotidianamente: parlando con i colleghi, incontrando le persone sulle vie della mia Città, nelle riunioni del partito. So quali sono i temi che stanno a cuore ai miei concittadini, agli italiani: me lo dicono tutti i giorni e credo che questi temi, caro Segretario, li conosca anche tu. 
Questi temi sono assenti dalla nostra campagna. L’impressione è che siamo scollegati dal paese reale. 
Con le primarie abbiamo fatto vedere cosa significhi essere democratici: i nostri candidati li abbiamo fatti scegliere ai cittadini. Ma dalle primarie in poi, che cosa abbiamo fatto?
Il tema della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia è un tema importante, così come quello delle coppie di fatto e dei diritti della coppie omosessuali. Sono temi etici che giustamente abbiamo posto e affrontato. Su questo, io ho anche proposto un ordine del giorno al mio consiglio comunale. Ma l’impressione è che, oltre a quei temi, si riesca a dire poco o nulla. 
Se vado al bar, o se vai al bar nella tua amata Bettola, non sono questi i temi che preoccupano i nostri cittadini. Sono preoccupati di riuscire ad arrivare a fine mese, sono preoccupati per il carico fiscale sulle piccole imprese,  per il lavoro che manca, per servizi sanitari scadenti e per la manutenzione delle scuole in cui vanno i loro figli, tanto per farti un esempio. 
Ti faccio un esempio: qual è la posizione del centro sinistra sui costi della politica? Tutti i sondaggi ci dicono che questo tema è particolarmente sentito da tutti i cittadini. E’ proprio impossibile, per te, per la nostra coalizione, dire qualcosa di chiaro su questo tema? 
Ti do io un suggerimento: allineamento dello stipendio dei politici alla media europea (che tutti sappiamo quanto vale, anche se le nostre favolose commissioni parlamentari non sono riuscite a venire a capo di questo problema da terza elementare) e riduzione ad una solo Camera. Lo diceva già il PDS tanti anni fa, ricordi? 
La scorsa settimana hai aperto ad una possibile alleanza con Monti. Al di là delle valutazioni politiche, in campagna elettorale certe dichiarazioni fanno perdere solo voti. Chi ti ha consigliato di dire che punti al 51% ma governerai come se avessi il 49%? Licenzialo subito, ti prego. Metà degli italiani non hanno capito cosa significasse questa dichiarazione, e l’altra metà lo ha capito e ha pensato se siamo matti. 
Quello che avremmo dovuto fare è spiegare al paese che abbiamo capito i problemi che sono sul tavolo e che abbiamo una visione. Che dalla crisi non ci si esce come ci si è entrati, mai. Che è giunto il momento di avere un’altra idea di Italia, e avremmo dovuto spiegarla per filo e per segno. Invece dietro lo slogan “Italia giusta” non riusciamo a far passare le nostre idee. Eppure le abbiamo, lo so bene che le abbiamo. 
I sondaggi elettorali dopo le primarie ci davano uno scenario estremamente favorevole. Oggi sappiamo che in queste breve periodo le percentuali sono cambiate, e in peggio per noi. Io credo che il merito non vada tanto alla capacità di impostare la campagna elettorale che hanno i nostri avversari, quanto l’incapacità nostra di sintonizzarci sui temi del paese. 
Mancano pochi giorni alle elezioni. E’ necessario un cambio di passo nella nostra strategia comunicativa. Forza!