Il giorno dopo le recenti elezioni, ad
un giornalista che me la chiedeva, ho espresso una dichiarazione un
po' arrabbiata sul risultato elettorale. Ho detto che “Alcuni
dirigenti del mio partito, a livello locale, sembrano asserragliati
in un fortino assediato dagli indiani, incapaci di avere un rapporto
con i cittadini. A livello organizzativo locale e comunicativo
abbiamo fatto errori enormi e anche ridicoli: sarebbe ora – anzi, è
forse tardi – che qualcuno traesse le conclusioni e si prendesse
delle responsabilità”.
Capisco che qualcuno si sia sentito
tirato per la giacchetta e si sia risentito. Infatti, a giro di
posta, al giornale, è arrivata una lettera di Franco Soffiantini
che me le canta.
Franco spiega – dopo un lungo attacco a Marubbi, anche lui reo di aver criticato la linea – che durante “tutta la campagna elettorale, non ho visto gruppi di dirigenti asserragliati, ma impegnati utilizzando sistemi di campagna elettorale tradizionali e di comunicazione innovativa.... ma non ho mai visto tra i tanti Andrea Vignoli. Una svista? Forse, ma non credo. Quindi non mi resta che concludere con quel vecchio proverbio: “Ma guarda da che pulpito devo sentire la predica”.
Franco spiega – dopo un lungo attacco a Marubbi, anche lui reo di aver criticato la linea – che durante “tutta la campagna elettorale, non ho visto gruppi di dirigenti asserragliati, ma impegnati utilizzando sistemi di campagna elettorale tradizionali e di comunicazione innovativa.... ma non ho mai visto tra i tanti Andrea Vignoli. Una svista? Forse, ma non credo. Quindi non mi resta che concludere con quel vecchio proverbio: “Ma guarda da che pulpito devo sentire la predica”.
Io a Franco Soffiantini sono
affezionato. La prima volta che entrai nelle stanze di Piazza XXVII
aprile, ero un giovane corrispondente del Novese da Vignole Borbera.
C'era ancora il PCI e c'era lui. Poi il PCI è diventato PDS, io mi
sono iscritto e c'era lui. Poi il PDS è diventato DS, e c'era lui.
Poi i DS sono confluiti nel PD, e c'era lui. Oggi, c'è ancora lui.
Come potrei non essergli affezionato?
Ha ragione Franco quando dice che in
quelle stanze non è che mi ci si veda molto. Almeno, non tanto come
lui. Ma purtroppo, non sono in pensione e mi tocca lavorare. Poi, ho
anche una famiglia e quando voglio sentirmi a casa, vado a casa, mica
in partito. Quindi, non è che posso essere lì tutti i giorni.
Al di là degli impegni personali e
delle disponibilità di tempo però penso che la campagna elettorale
non si fa in partito, ma si fa fuori. C'era forse qualcuno da
convincere a votare Bersani, nella sede del PD? Spero proprio di no.
Invece, fuori da lì ce ne erano molti. E' stato proprio facendo la
campagna elettorale in mezzo alla gente, nel mio quartiere, parlando
con i miei colleghi, con gli amici, mi sono reso conto di quanto
fosse difficile spiegare le ragioni del mio voto per Bersani. Forse
sono io che non sono bravo, ma diciamoci la verità, non è che il
nostro programma fosse così chiaro e immediato.
E' stato proprio stando in mezzo alla
gente – anche al gazebo del PD, a cui stavolta sono io a non avere
visto Soffiantini – che ho capito che il Movimento 5 stelle avrebbe
raccolto un mucchio di voti. Bastava parlare con le persone, per
strada. Certo, se facevamo un sondaggio in partito, tra di noi, facile immaginare
che Bersani avrebbe vinto a mani basse. Ma come sappiamo non è
andata così.
Pochi giorni fa ho seguito la Direzione
Nazionale del PD convocata da Bersani. Molti discorsi utili, anche se
l'impressione di fondo che si trattasse di un altro conclave, con
tanti cardinali. Insomma, un po' troppo rituale, nonostante la
diretta web.
Mi ha colpito la domanda che ci ha posto Renato Soru: “Non abbiamo ancora deciso ciò che siamo o che dobbiamo essere: conservatori o innovatori?”. Io ho deciso da tempo. Innovatore, senza dubbi.
Mi ha colpito la domanda che ci ha posto Renato Soru: “Non abbiamo ancora deciso ciò che siamo o che dobbiamo essere: conservatori o innovatori?”. Io ho deciso da tempo. Innovatore, senza dubbi.
Questa
domanda va al cuore del mio, del nostro impegno politico. Io faccio
“politica” per la Città, per la mia Novi. Il partito, il PD, è
uno strumento, un mezzo, non il fine.
Purtroppo, c'è anche chi fa politica mettendo al primo posto il partito. Ma questa politica, non paga. Lo abbiamo visto tante volte, ad esempio nelle tante primarie perse in giro per l'Italia quando il PD ha cercato di mettere il suo uomo di apparato contro la società civile, perdendo regolarmente.
Io so che la passione per la politica non mi passerà mai e che troverò sempre il modo per dedicare un po' di energia, fina a quando mi resterà, alla mia Città. Ma questo non significa che lo debba fare per forza nel PD, o in qualche partito.
Purtroppo, c'è anche chi fa politica mettendo al primo posto il partito. Ma questa politica, non paga. Lo abbiamo visto tante volte, ad esempio nelle tante primarie perse in giro per l'Italia quando il PD ha cercato di mettere il suo uomo di apparato contro la società civile, perdendo regolarmente.
Io so che la passione per la politica non mi passerà mai e che troverò sempre il modo per dedicare un po' di energia, fina a quando mi resterà, alla mia Città. Ma questo non significa che lo debba fare per forza nel PD, o in qualche partito.
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