Circa un anno fa, i lavori per il
rifacimento delle fogne cittadine in corso Marenco furono bloccati dalla sovrintendenza ai beni archeologici. Come spesso capita in Italia,
durante le operazioni di scavo erano saltati fuori reperti
archeologici su cui la soprintendenza doveva indagare, prima di
consentire la prosecuzione dei lavori. Ma dal buco lasciato aperto
dai lavori si vedeva una galleria che fu teatro, durante la notte di
Natale del 1955, del passaggio di una banda di ladri che si
apprestavano a compiere quella che venne ribattezzata “la rapina
del secolo”.
La banda dei “soliti ignoti”
attraverso antiche gallerie, tra cui quella che si vedeva dal foro di
scavo, attraversarono tutta la Città e arrivarono al caveau della
banca popolare di Via Girardengo. Ripercorriamo quella vecchia
storia...
A
differenza di Babbo Natale, anziché scendere dal camino salirono
dalle fogne, e invece che portare doni, portarono via soldi,
parecchi. 180 milioni dell'epoca. Correva l'anno 1955, Tonina
Torrielli – la caramellaia di Novi - aveva appena vinto il concorso
voci nuove e si preparava a partecipare al Festival di Sanremo.
Fausto Coppi si prepara al giro di Spagna, il ragioner Armando
Gighione ripassa tutto sul ciclismo: sta per partecipare a “Lascia
o Raddoppia”, dove arriverà fino alla domanda finale da 5 milioni.
Ma questa è un'altra storia.
Mentre
Novi si divide tra il canto e il ciclismo, nelle antiche gallerie del
1600 che corrono sotto la città c'è chi scava, con l'obbiettivo di
arrivare al caveau della Banca Popolare di Novara, in via Girardengo,
dove è ancora oggi.
Una banda del buco che è entrata nelle fogne da giorni, se non settimane, probabilmente nei pressi del cimitero ed è risalita fino alla centralissima via Girardengo. Un colpo preparato da anni, con continui sopralluoghi. Con uno scavo finale di 30 metri i rapinatori sono riusciti ad arrivare sotto al caveau blindato della banca e approfittano delle feste natalizie per entrare. Il furto viene scoperto la mattina del 27 dicembre, quando gli impiegati della banca trovano un buco largo 40 centimetri sul pavimento della camera blindata.
Una banda del buco che è entrata nelle fogne da giorni, se non settimane, probabilmente nei pressi del cimitero ed è risalita fino alla centralissima via Girardengo. Un colpo preparato da anni, con continui sopralluoghi. Con uno scavo finale di 30 metri i rapinatori sono riusciti ad arrivare sotto al caveau blindato della banca e approfittano delle feste natalizie per entrare. Il furto viene scoperto la mattina del 27 dicembre, quando gli impiegati della banca trovano un buco largo 40 centimetri sul pavimento della camera blindata.
I
ladri sono spariti portandosi via 8 milioni in contanti, e con oltre
170 milioni di certificati di deposito al portatore.
I
Carabinieri, al comando del Capitano Antonio
Ferrazzano,
scendono nel cunicolo e trovano “pane,
salame, limoni, scatolette di carne, picconi, vanghe, palanchini,
fiamma ossidrica e due bombole”,
riferisce la cronaca dell'epoca. Segno che i banditi sono stati
parecchio tempo, sotto terra. Il percorso sotterraneo è così
intricato che gli inquirenti non riescono a stabilire con certezza il
punto di ingresso dei banditi. Viene ritrovata anche una carrozzina
per bambini, usata dai ladri per trasportare la terra scavata.
La
camera blindata, fatta costruire dalla Banca Novese a cui succedette
la banca popolare, era vecchia ma solida: le cassette di sicurezza
hanno resistito a due giorni di fiamma ossidrica e alla fine i ladri
si sono accontentati di ciò che hanno trovato sugli scaffali:
contanti e certificati di deposito al portatore, che però sono
numerati e difficilmente potranno essere incassati. Molti titoli
vengono ritrovati nel fango delle gallerie. Nelle cassette di
sicurezza oltre un miliardo in contanti ha resistito alla fiamma
ossidrica: se fossero riusciti nel colpo, sarebbe stata una delle
maggiori rapine della storia.
Ma
gli inquirenti non brancolano nel buio: si tratta di un colpo da
professionisti e i professionisti sono noti alle forze dell'ordine.
Proprio nel 1927 a Genova venne eseguito un colpo molto simile: nelle notte di Natale viene svaligiata la Banca Commerciale da una banda arrivata dalle fogne. I rapinatori bivaccarono nelle fogne per oltre un anno, e il magistrato che scese nei cunicoli alla fine si ammalò e alla fine morì di polmonite, tanto i cunicoli erano vasti e insalubri. Stesso tipo di colpo, e stesso periodo: la notte di Natale.
Per quel colpo venne arrestato il “Re delle fogne”, al secolo Eugenio Porchetto (nella foto tratta da "La stampa" del 12.6.56) . La pista che porta a Genova è buona, e infatti gli inquirenti arrivano velocemente ai primi arresti. Il genovese Cinzio Rabotti, spedizioniere, viene individuato come finanziatore dell'impresa e beccato mentre in una villa a Chiavari cerca di svendere i 180 miliomi di titoli presi nella banca di Novi. Assieme a lui vengono arrestati anche: Giuseppe Ghiggi, lavorante portuale e uomo di fiducia del Robotti, già carcerato perchè complice dell'assassinio della contessa russa Zarouska; Silvio Cavalli, Aldo Bernocco, che operarono a Novi nei cunicoli. Unico novese della banda tal Giuseppe Bogliolo, il basista.
Vengono individuati come membri della banda, nel 1956, anche Emilio Zai e Giacomo Bisio, ma non è possibile arrestarli in quanto già deceduti: il primo per malattia (forse contratta nei cunicoli di Novi) e il secondo perchè finito sotto un'automobile. Anche Serafino Macchiavello muore di prostata prima del processo.
Proprio nel 1927 a Genova venne eseguito un colpo molto simile: nelle notte di Natale viene svaligiata la Banca Commerciale da una banda arrivata dalle fogne. I rapinatori bivaccarono nelle fogne per oltre un anno, e il magistrato che scese nei cunicoli alla fine si ammalò e alla fine morì di polmonite, tanto i cunicoli erano vasti e insalubri. Stesso tipo di colpo, e stesso periodo: la notte di Natale.
Per quel colpo venne arrestato il “Re delle fogne”, al secolo Eugenio Porchetto (nella foto tratta da "La stampa" del 12.6.56) . La pista che porta a Genova è buona, e infatti gli inquirenti arrivano velocemente ai primi arresti. Il genovese Cinzio Rabotti, spedizioniere, viene individuato come finanziatore dell'impresa e beccato mentre in una villa a Chiavari cerca di svendere i 180 miliomi di titoli presi nella banca di Novi. Assieme a lui vengono arrestati anche: Giuseppe Ghiggi, lavorante portuale e uomo di fiducia del Robotti, già carcerato perchè complice dell'assassinio della contessa russa Zarouska; Silvio Cavalli, Aldo Bernocco, che operarono a Novi nei cunicoli. Unico novese della banda tal Giuseppe Bogliolo, il basista.
Vengono individuati come membri della banda, nel 1956, anche Emilio Zai e Giacomo Bisio, ma non è possibile arrestarli in quanto già deceduti: il primo per malattia (forse contratta nei cunicoli di Novi) e il secondo perchè finito sotto un'automobile. Anche Serafino Macchiavello muore di prostata prima del processo.
Tutti
gli arrestati soffrono di affezioni polmonari, contratte nei giorni
passati nei cunicoli.
Eugenio
Porchetto, il “re delle fogne” è la figura più pittoresca
della banda. Dopo la rapina del '27, si comprò una villa sul mare a
Nervi. Venne arrestato e si fece sei anni di carcere, ma nessuno
trovò mai il bottino della banca commerciale. Lo stesso Porchetto
aveva murato nelle fogne un cofanetto con dentro 70 milioni
(dell'epoca) in perle. Uscito dal carcere, dedicò anni a cercarlo,
ma non riuscì mai a trovarlo. A quanto pare, oggi il tesoro di
Porchetto è ancora nascosto nelle fogne di Genova. All'epoca del
colpo di Novi il Porchetto è già anziano, ha 70 anni, e nelle tesi
della difesa viene dipinto solo come un consulente degli
organizzatori.
Il
processo per la rapina di Novi si celebra nel 1957 ad Alessandria.
Giuseppe Ghiggi, Eugenio Porchetto, Cinzio Robotti, Silvio Cavalli,
Aldo Bernocco, Giovanni Marzano vengono condannati ognuno a 7 anni di
carcere e 70 mila lire di multa. Giuseppe Bogliolo a 5 anni e 50mila
lire di multa. Nel processo d'appello il Bogliolo verrà assolto.
Dopo
il processo, per un vizio di forma, Porchetto viene rilasciato e si
dà alla latitanza. Viene arrestato nel 1959 all'ospedale San
Martino di Genova: i giornali dell'epoca riferiscono che è ormai
impazzito, e ha cercato di accoltellarsi da solo al ventre.
Non
tutto il bottino della rapina di Novi venne recuperato. Forse il
Porchetto, come a Genova, ha murato anche nelle gallerie di Novi una
parte del tesoro? All'epoca si parlò anche di monete d'oro o altri
preziosi trafugati, ma non vennero mai trovate e la Banca Popolare
non volle mai dire chiaramente, temendo tracolli, l'entità della
rapina.
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