Le torri eoliche deturpano il paesaggio e quindi non si
possono installare sui nostri bei monti. Lo ha deciso il consiglio di stato chiudendo
un contezioso che vedeva contrapposti la Società Garessio Eolica da una parte,
e la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la Regione Piemonte dall’altra.
Il progetto bocciato era quello di installare delle torri eoliche sul Monte Mindino, in valle Tanaro. Per estensione, immagino che la stessa fine faranno i progetti di impianti eolici nel resto della regione e quindi anche dalle nostre parti.
Il progetto bocciato era quello di installare delle torri eoliche sul Monte Mindino, in valle Tanaro. Per estensione, immagino che la stessa fine faranno i progetti di impianti eolici nel resto della regione e quindi anche dalle nostre parti.
Il progetto bocciato prevedeva la costruzione di 26 torri
eoliche da 2 MW ciascuna, quindi per una potenza totale di 56 MW. Viva la soddisfazione del comitato “Mindino
Libero” che si opponeva al progetto.
Sono d’accordo, ma prego i lettori di arrivare in fondo al
pezzo. Indubbiamente un bel monte è più bello se in cima non c’è una torre
bianca con delle pale che girano, ci mancherebbe.
Il problema è che gli impianti eolici si devono fare dove c’è
vento, e il vento soffia sui crinali delle montagne. Fare l’eolico a fondo
valle, magari al centro di una zona industriale, dove non deturperebbe nulla
del paesaggio, sarebbe come fare un impianto fotovoltaico in cantina. Non
servirebbe a nulla.
Ma da dove arriva l’energia elettrica che serve all’Italia
per funzionare? Il 75% viene prodotto usando fonti non rinnovabili. Il 13% è
prodotto da fonti rinnovabili, il restante 12% viene importato dall’estero.
La maggior parte della produzione è quindi affidata alle
care vecchie e inquinanti fonti non rinnovabili. Stiamo parlando di gas e
carbone. Tutte cose che compriamo dall’estero a caro prezzo. Quindi, a parte
quel 13% che produciamo con le fonti rinnovabili, il resto dell’energia,
direttamente o indirettamente, lo compriamo fuori dall’Italia.
Anche se a prima vista può sembrare poca cosa, la quota di
energia da fonti rinnovabili è significativa, se paragonata anche ad altre
nazioni. Grazie ai recenti investimenti in pannelli fotovoltaici, penserà
qualcuno. No, per nulla. La maggior parte dell’energia da fonti rinnovabile è
prodotta dalle vecchie centrali idroelettriche, costruite fino agli anni ’50.
Oggi si discute di impatto paesaggistico delle centrali
eoliche, ma pensate all’impatto paesaggistico di una centrale idroelettrica:
occorre costruire un bacino e allagare una intera valle. Roba che a confronto
una pala eolica fa ridere.
Se gli italiani avessero avuto, negli anni del boom
economico, la mentalità che hanno oggi, non avremmo avuto nessuna centrale
idroelettrica. Probabilmente, non avremmo neppure autostrade e ferrovie.
Il ragionamento è semplice: dobbiamo decidere se vogliamo
conservare tutto intonso, e rinunciare al nostro modello di vita, oppure
rinunciare a qualcosa in termini di impatto ambientale e avere energia. Come
diceva mio Nonno, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Senza dimenticare l’aspetto più importante: l’energia allo
stato attuale non solo costa, ma soprattutto inquina parecchio.
Stupisce infine il fatto che sono stati proprio gli
ambientalisti quelli che nel corso degli ultimi 30 anni hanno sollevato il
problema dell’inquinamento e hanno spinto con forza e giustamente verso le
energie alternative. Dopodichè, quando proviamo a farle, sono gli stessi ambientalisti
che si oppongono con forza.
Molto spesso però ci troviamo di fronte alla classica
sindrome di Nimby.
Per chi non lo sapesse, Nimby sta per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile" e con questa sindrome si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili.
Per chi non lo sapesse, Nimby sta per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile" e con questa sindrome si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili.
Inoltre, è nata da poco tempo la sindrome Banana, ancora un
acronimo (geniale) che sta per Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything
(Non costruire assolutamente in ogni luogo vicino a qualunque cosa).
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