Un dato di fatto è che il sistema
sanitario regionale non riuscirà più a mantenere gli attuali
livelli di assistenza sul territorio. Come ha detto poco tempo fa
l'assessore regionale competente, il sistema sanitario del Piemonte è
tecnicamente fallito. Basta questo per spiegare da dove arrivano i
tagli che la sanità sta subendo in questi giorni.
Peggiora la situazione il fatto che la
gente ha preso il brutto vizio di campare di più, e gli anziani, si
sa, hanno più bisogno di cure mediche che i giovani. Con un'età
media della popolazione che
aumenta (e di questo non riusciamo a
non esserne felici) la spesa sanitaria pro capite non può far altro
che lievitare.
Ora il dilemma è questo: difendere a
spada tratta i propri servizi ospedalieri, anche a scapito degli
altri territori, oppure cercare di distribuire equamente i tagli?
La prima strada è quella preferita
dai comitati di cittadini. E' ovvio che il comitato “salviamo
l'ospedale di XXX” se ne infischi delle sorti dell’ospedale di
YYY.
La seconda strada può essere percorsa
solo dalla politica, quella con la P maiuscola. Solo un politico
miope, teso solo a guardare al proprio orticello, non capisce che
l'unica strada da percorrere è quella di salvaguardare un territorio
vasto.
Sono personalmente convinto che il
metro di giudizio dei cittadini sui servizi sanitari risponda più a
criteri di qualità che a criteri geografici. Un paziente si reca
nella struttura in cui ritiene di poter avere cure migliori, non in
quella più vicina a casa sua.
Per essere ancora più chiari, se devo
subire – ad esempio - un trapianto di cuore non vado a Novi, perché
è il più vicino a casa mia, ma vado dove hanno la maggiore
esperienza e la competenza per fare questa operazione.
Non è quindi con la politica del
campanile che possiamo salvare la sanità. Per contro, il rischio è
che se tutti i comuni difendono in maniera miope i loro presìdi, chi
cerca di fare un ragionamento più ampio finisca per subire la
maggior parte dei tagli.
Nessun commento:
Posta un commento